«Mi sono spesso domandato che ne sarebbe stato di me se fossi nato in una città chiassosa e illuminata, in una tranquilla famiglia borghese.
Ma sono nato nel silenzio di un paese medioevale, sulle pendici di un vulcano spento e in una cornice umana dove era difficile discernere il confine tra la realtà e la fiaba.
Sono cresciuto avvolto in un silenzio che mi dava spavento e mi avvezzava ai contatti col mistero. E' stata una grazia? È stata una circostanza casuale che ha condizionato la mia libertà per sempre? Questa domande si spengono nel silenzio e cioè nel giusto posto». ( E. Balducci, "Il cerchio che si chiude", intervista autobiografica a cura di Luciano Martini, Edizioni Piemme, Casale Monferrato – 2000)
Santa Fiora, il piccolo paese di minatori sul monte Amiata, dove Balducci è nato il 6 agosto 1922, primogenito di quattro figli (Agnese, Maria e Beppina), è sempre stato, da lui rievocato come un luogo fondamentale della sua formazione umana e religiosa.
Suo padre Luigi era minatore e la famiglia viveva «ai margini tra la miseria e la povertà»; da quell'ambiente, che egli ricordava come caratterizzato da grandi sacrifici e dedizione al lavoro e da una fede intessuta di laicità, aveva tratto molti motivi ispiratori della sua religiosità e uno stile peculiare di sobrietà e riservatezza. Inoltre egli sentiva come un dovere di fedeltà al suo popolo e alle sue origini la necessità di «dare voce» alle lotte e alle istanze di giustizia dei più poveri, dai minatori dell'Amiata agli emarginati della città come del terzo mondo.
Entrato da adolescente, con una borsa di studio nel collegio degli Scolopi, chiamato «Speranzinato», decideva successivamente di prendere i voti e di assumere il sacerdozio; verrà ordinato il 26 agosto 1945.